Alta Pressione persistente, situazione bloccata: cosa emerge dai modelli

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Alta Pressione persistente, situazione bloccata: cosa emerge dai modelli

I gusti, si sa, dividono. Vale per tutto. Anche per il meteo. C’è chi la invoca e chi la maledice, senza mezze misure. In questo caso l’oggetto del contendere è lei, l’alta pressione africana, una figura barica capace di cambiare volto alle stagioni e, diciamolo, di rovinare l’inverno senza troppi complimenti.

Perché sì, non è affatto una comparsa estiva. Negli ultimi anni l’anticiclone africano ha dimostrato di sapersi muovere con disinvoltura anche nel cuore della stagione fredda. A volte in punta di piedi, altre volte con un’irruenza che lascia il segno.

 

Può arrivare quando meno te l’aspetti

Il contesto climatico attuale ci ha ormai abituati a sorprese continue. Scenari che fino a pochi giorni prima sembrano improbabili, poi improvvisamente si materializzano. È successo a novembre. Sta succedendo di nuovo ora. Le proiezioni stagionali non avevano dato particolare peso a fasi miti persistenti e invece eccoci qui, a parlare di anticiclone africano nel pieno di dicembre.

Il paradosso è evidente. Il Vortice Polare mostra segnali di debolezza, frammentazioni, onde. Eppure il freddo fatica ad arrivare. Com’è possibile? La risposta, in effetti, non è lineare.

Quando il Vortice Polare è compatto, il freddo resta ben confinato alle alte latitudini. Ma quando si disgrega, non è affatto detto che l’aria gelida scelga l’Italia come destinazione. Può sfiorarci, passare oltre, oppure puntare dritta verso altre aree dell’Europa. Quante volte i Balcani sono finiti sotto gelo intenso mentre da noi dominavano sole e mitezza?

 

Tre mesi sotto l’anticiclone?

L’ipotesi era già stata affrontata in un approfondimento precedente. Un inverno dominato quasi interamente dall’alta pressione resta, per fortuna, uno scenario teorico. Al momento non ci sono conferme che indichino una simile persistenza per tutti e tre i mesi invernali. Ma nemmeno una smentita definitiva.

Serve però fare una distinzione fondamentale. L’anticiclone africano in inverno non scalda tutto e tutti allo stesso modo. Le anomalie più evidenti si registrano soprattutto in montagna, tra media e alta quota. Ed è qui che il quadro diventa davvero preoccupante.

Capita sempre più spesso di osservare temperature in quota degne di fine primavera, se non di inizio estate. A dicembre. Gennaio. Un’anomalia che pesa come un macigno. Montagne spoglie, neve assente fino a quote molto elevate. Uno scenario che, purtroppo, non è più un’eccezione.

 

Non fa caldo ovunque

Nelle grandi pianure, Valle Padana in testa, il discorso cambia. Qui entrano in gioco le inversioni termiche. L’aria fredda ristagna nei bassi strati, intrappolata come sotto un coperchio invisibile, impedendo alle temperature di salire in modo significativo. Anche quando in quota l’aria è decisamente mite.

Il riscaldamento vero arriva solo in presenza di avvezione: venti di caduta dalle Alpi o scirocco da sud-est. Senza movimento d’aria, la pianura riesce a conservare il freddo, spesso accompagnato da nebbie fitte e persistenti. Un inverno grigio, certo, ma almeno non primaverile.

 

Altrove, però, è un’altra storia

In diverse regioni del Paese, soprattutto al sud e sulle Alpi intorno ai 1000 metri, un anticiclone africano invernale può trasformare le giornate in qualcosa di surreale. Temperature oltre i 20°C, minime che non scendono sotto i 13-14°C. Pieno inverno solo sul calendario.

C’è però un dettaglio spesso sottovalutato. Gli anticicloni africani invernali tendono a mantenere bassa l’umidità relativa. Questo limita, almeno in parte, la fusione rapida della neve in alta montagna, soprattutto quando la radiazione solare è debole.

Un piccolo sollievo. Parziale. Perché se la situazione si protrae a lungo, l’esito è inevitabile. Anche con aria secca “da deserto”, quando ci sono 15°C dove prima c’era mezzo metro di neve, la fusione diventa solo una questione di tempo.

 

Ma il caldo quanto durerà?

Su questi livelli, probabilmente no a lungo. Al momento i modelli non indicano la presenza di un anticiclone eccezionalmente persistente. Tuttavia la possibilità resta sul tavolo. E non è nemmeno così remota, soprattutto considerando quanto rapidamente l’atmosfera possa riorganizzarsi quando il Vortice Polare è debole. O, paradossalmente, se dovesse ricompattarsi con decisione.

Il ragionamento viene quasi spontaneo. Se con un Vortice Polare frammentato assistiamo a questo tipo di clima, cosa potrebbe accadere con una struttura molto compatta? Per ora non ci sono segnali chiari in questa direzione. Ma l’idea di un inverno “come una volta”, fatto di freddo diffuso e duraturo, appare ogni anno un po’ più lontana. In effetti, sempre più remota.

 

Crediti e fonti:
Dati e analisi basati su modelli di ECMWF (https://www.ecmwf.int), NOAA – Global Forecast System (https://www.noaa.gov), Copernicus Climate Change Service (https://climate.copernicus.eu), ICON, AROME e ARPEGE.

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