
Siamo onesti, la sensazione di déjà-vu è forte. L’inverno meteorologico ha fatto il suo ingresso ufficiale sul calendario da pochi giorni, ma guardando fuori dalla finestra – o consultando le app sui nostri smartphone – sembra che la stagione fredda abbia deciso di mettersi comodamente in stand-by. Dicembre dovrebbe essere il mese dell’apertura, quello dei primi brividi veri e delle sciarpe tirate su fino al naso, eppure da anni la prima neve si fa attendere come una promessa disattesa, quasi fosse diventata un evento eccezionale anziché la norma stagionale.
La mano del Riscaldamento Globale è fin troppo riconoscibile in queste dinamiche: smorza il freddo vero, quello pungente che una volta portava i fiocchi a imbiancare le città del Nord e le colline del Centro Italia. E anche quest’anno, almeno per ora, il copione non cambia. Freddo e neve? Rimandati, e non di poco.
L’illusione d’autunno e la realtà anticiclonica
C’è stato un momento, poche settimane fa, in cui ci eravamo illusi. Un autunno dinamico, con quelle piogge tornate finalmente a bagnare un Mediterraneo che le attendeva come manna dal cielo dopo mesi di siccità, sembrava averci riportato verso una normalità climatica ritrovata. Le perturbazioni atlantiche avevano ripreso a scorrere, i fiumi si erano ingrossati – talvolta anche troppo, va detto – e l’atmosfera aveva quel sapore uggioso tipico di novembre.
Poi, proprio sul più bello, quando il testimone doveva passare al Generale Inverno, il meccanismo si è inceppato. L’alta pressione di matrice sub-tropicale, una vecchia conoscenza delle nostre estati torride, si è rimessa in cammino dal Nord Africa. Silenziosa ma inesorabile, si è preparata a sedersi sopra l’Italia e buona parte dell’Europa centro-occidentale, con l’intenzione di non muoversi più.
Per una decina di giorni – e temiamo forse anche di più – la neve sarà la grande assente quasi ovunque. Non stiamo parlando solo delle pianure, dove la dama bianca è ormai merce rara, ma persino della montagna. Sulle Alpi e sugli Appennini, il rischio concreto è che non cada nemmeno un fiocco per tutto la prima metà di dicembre, con il manto nevoso naturale, già esiguo, che rischia di ridursi ulteriormente sotto i colpi di un sole che non scalda come a luglio, certo, ma che lavora ai fianchi la coltre bianca esistente.
I principali centri di calcolo internazionali, come l’europeo ECMWF, sono concordi nel disegnare uno scenario statico. L’anticiclone si posizionerà sul Mediterraneo centrale assumendo una configurazione di blocco, ferma e tenace. Non ci sarà una vera via d’uscita, probabilmente, prima del 14 dicembre: tempo stabile, niente piogge significative, pochissima neve. Tanto sole in quota, qualche foschia nelle valli, e molte, moltissime nebbie in pianura.
La configurazione a Omega che blocca l’atmosfera
In meteorologia, quando si parla di “blocco a Omega”, non si annuncia mai nulla di dinamico per le nostre latitudini. Immaginate la lettera greca Ω: un promontorio di alta pressione centrale stretto ai fianchi da due aree di bassa pressione che però scivolano via, lontano dall’Italia. Con una struttura africana così robusta a fare da scudo, l’inverno va letteralmente in pausa.
Le conseguenze, nei prossimi giorni, saranno evidenti e – diciamolo – anche un po’ noiose dal punto di vista atmosferico. La neve resterà un miraggio tanto in valle quanto in quota. Ma il vero paradosso si vivrà con le temperature. Assisteremo a valori anomali soprattutto in montagna, dove l’aria mite risalente dal Nord Africa spingerà le colonnine di mercurio su livelli quasi primaverili. Non escludiamo di vedere punte di 10°C o 12°C a 1500 metri di quota, condizioni ideali per una passeggiata al sole, ma disastrose per chi sperava di inaugurare la stagione sciistica su neve fresca e naturale.
Nelle pianure, invece, in particolare nella Pianura Padana, l’inversione termica farà il suo corso. È un fenomeno classico delle alte pressioni invernali: l’aria fredda, più pesante, ristagna nei bassi strati, intrappolando umidità e inquinanti, mentre l’aria più calda e secca “galleggia” in alto. Il risultato? Giornate grigie, nebbione fitte, qualità dell’aria pessima e temperature che, paradossalmente, saranno più basse a Milano o Bologna che a Cortina d’Ampezzo o Bormio. Un classico scenario italiano, ma sempre straniante per chi non è del mestiere.
Quando si sbloccherà la situazione?
E qui arriva la domanda che tutti, dagli operatori turistici agli amanti del freddo, si fanno insistentemente: quando torneranno freddo e neve? Al momento, tutto lascia pensare che bisognerà armarsi di pazienza e aspettare la terza decade di dicembre.
Prima di allora, anche se l’anticiclone dovesse perdere un po’ di forza attorno a metà mese, si intravedono solo veloci infiltrazioni umide. Lo scenario suggerito dai modelli matematici tra il 15 e il 17 dicembre parla di un possibile abbassamento del flusso perturbato atlantico. Cosa significa in parole povere? Che potrebbero tornare le nuvole e qualche precipitazione, ma in un contesto termico non sufficientemente freddo. Insomma, più pioggia che neve, con i fiocchi relegati – se va bene – solo alle quote medio-alte delle Alpi.
Il vero freddo polare, quello capace di ridisegnare l’inverno europeo e di portare il gelo fin sulle nostre coste, avrà grosse difficoltà a scendere verso le nostre latitudini nel breve termine. Le correnti zonali, quelle che viaggiano da ovest verso est, sembrano troppo tese per permettere scambi meridiani importanti – ovvero quelle discese d’aria da nord a sud che portano l’inverno vero.
Il Vortice Polare e le speranze per Natale
Tuttavia, qualcosa potrebbe cambiare proprio verso Natale. Bisogna guardare molto in alto, lassù in Stratosfera, per capire le mosse future dell’atmosfera. Il Vortice Polare – il grande regista della stagione invernale dell’emisfero nord – sta mostrando segnali interessanti. Dopo un periodo di compattamento estremo, che ha tenuto il freddo imprigionato al Polo Nord (lasciando noi sotto la cupola mite), iniziano a vedersi segnali di possibile indebolimento.
Quando il Vortice Polare gira a mille all’ora, come una trottola impazzita, il freddo resta lassù, confinato nell’Artico. Ma quando rallenta, inizia a ondulare. E sono proprio quelle ondulazioni che possono favorire discese d’aria fredda più strutturate verso l’Europa, con potenziali irruzioni gelide dirette anche verso l’Italia.
Potenziali, appunto. Perché la distanza temporale è tanta e, in meteorologia, superare i 7-10 giorni di previsione significa entrare nel campo delle tendenze, se non della pura speculazione. Gli indici a lungo termine, come la AO (Oscillazione Artica) e la NAO (Oscillazione Nord Atlantica), indicano solo una probabilità attorno al 20% che dopo il Solstizio d’Inverno si formi un anticiclone di blocco tra Gran Bretagna e Scandinavia.
Sembra poco, quel 20%, ma è una fiammella di speranza per gli invernofili. Se accadesse una manovra del genere, si aprirebbe la porta alla cosiddetta “retrogressione”: masse d’aria gelida che dalla Russia o dalla Scandinavia marciano “a gambero”, da est verso ovest, puntando il cuore del Vecchio Continente. Allora sì che potremmo parlare di neve in pianura e di gelo intenso. Ma per ora, siamo nel campo delle ipotesi.
Un inverno che fatica a decollare
Non possiamo nasconderlo: la tendenza degli ultimi anni è scoraggiante per chi ama il freddo. Le finestre invernali si sono ristrette, schiacciate da estati che finiscono a ottobre e primavere che anticipano a febbraio. L’assenza di neve sulle Alpi a inizio stagione non è solo un problema turistico – per quanto il settore ne soffra terribilmente – ma è un campanello d’allarme idrico per i mesi a venire. La neve è la nostra riserva d’acqua a lento rilascio; se manca ora, mancherà nei fiumi la prossima estate.
L’attuale fase di stasi atmosferica ci ricorda quanto l’equilibrio climatico del Mediterraneo sia diventato fragile. L’anticiclone africano è diventato una presenza ingombrante, quasi un inquilino abusivo che occupa casa nostra in ogni stagione, togliendo spazio a quel dinamismo atlantico o a quelle irruzioni siberiane che hanno fatto la storia dei nostri inverni passati.
Ci resta l’attesa. Monitorare le carte, scrutare gli aggiornamenti serali dei modelli, sperando che quel Vortice Polare decida di rallentare davvero, permettendo all’inverno di timbrare il cartellino, magari proprio sotto l’albero di Natale. Fino ad allora, occhiali da sole in montagna e fari antinebbia in pianura: questo è il menù che il meteo ci serve per la prima metà di dicembre.
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Credit: dati elaborati da ECMWF, NOAA, ICON, AROME, UKMO.
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