America colpita dal GELO, Europa no: come si forma questo scenario meteo

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America colpita dal GELO, Europa no: come si forma questo scenario meteo

Capita spesso: mentre sugli Stati Uniti cala una zampata artica da brividi, in Europa si gira quasi in maniche leggere. Una scena che, negli anni, ha lasciato più di un appassionato meteo con l’amaro in bocca. Perché a loro il gelo e a noi no? La domanda ritorna ogni inverno, puntuale come un vecchio debito. Eppure, la risposta non è così immediata.

Negli USA e in Canada le ondate di gelo non sono più quelle di mezzo secolo fa, è vero, ma non sono diminuite con la stessa evidenza osservata in Europa. Da noi la tendenza è chiara: inverni più miti, episodi freddi brevi, talvolta effimeri. Lo sentiamo sulla pelle, lo vediamo nei dati. Ma perché succede? Insomma, proviamo a capirlo davvero.

 

La variabilità che cambia tutto

Mai un inverno uguale all’altro, e questo lo sappiamo. Capita di avere stagioni sorprendentemente fredde alternate ad altre decisamente fiacche. Succedeva ieri, succede oggi. La differenza, semmai, è che gli inverni miti sono diventati la norma, non l’eccezione. Una virata lenta ma costante.

In America settentrionale, però, questa variabilità è più netta. Qui entra in gioco un attore ormai noto: l’Artico, che si riscalda più in fretta della media globale. E quando l’Artico cambia ritmo, il Vortice Polare perde stabilità. Si deforma, si spezza, a volte scivola verso sud. E quando cade, cade proprio sopra gli Stati Uniti o sull’Asia, guidato da quei corridoi atmosferici che, una volta aperti, possono trascinare per giorni ondate di gelo severe e tenaci. Una dinamica affascinante, a modo suo.

 

Ma c’è dell’altro…

Perché un’ondata di gelo arrivi in Italia, o comunque nella Mitteleuropa, deve superare un ostacolo tutt’altro che banale: i mari. Il Mare del Nord, l’Atlantico nordorientale, ma anche il Baltico. Superfici enormi, che trattengono calore e lo cedono all’aria fredda in transito, smorzandola. Funzionava così anche un tempo, certo, ma oggi l’effetto è ancora più evidente.

E allora sì, il paragone tra New York e Napoli fa sorridere. Stessa latitudine, dinamica atmosferica totalmente opposta. Una differenza scolpita nella climatologia, non una curiosità geografica.

 

L’Europa e il freno della NAO

Il nostro continente non ha perso la sua naturale variabilità, che continua eccome, ma si muove dentro un quadro differente rispetto a qualche decennio fa. Oggi, sempre più spesso, la NAO – l’Oscillazione Nord Atlantica – si presenta in fase positiva. Un’impostazione che, semplificando un po’, blocca l’ingresso delle masse d’aria fredde nel cuore dell’Europa.

Una sorta di scudo atmosferico che penalizza l’Europa occidentale, Italia compresa. Curiosamente, invece, più a est la musica cambia: Balcani, Grecia e Turchia continuano a vivere inverni talvolta vivaci, perché la circolazione guida lì ciò che a noi sfugge. E mentre loro imbiancano, noi restiamo ai margini.

 

Il paradosso del clima che cambia

Vale la pena ricordarlo, perché spesso si fa confusione: il cambiamento climatico non cancella il freddo. Lo riduce, lo rimodella, lo costringe in episodi più rari e spesso più estremi. Negli Stati Uniti può ancora mostrare tutta la sua potenza, ma dentro un Pianeta mediamente più caldo. Un paradosso apparente, ma solo all’inizio.

Le stesse dinamiche che portano gelo oltre l’Atlantico, però, tendono a costruire configurazioni miti sull’Europa occidentale. E così quegli inverni “di una volta”, più freddi e nevosi, diventano statisticamente meno probabili. Non è un’anomalia, non è un capriccio. È la nuova normalità meteorologica di cui parlano gli esperti.

 

Crediti:
ECMWF, NOAA, ICON, AROME, ARPEGE

 

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