
Siamo ormai a metà Dicembre e, diciamolo senza troppi giri di parole, questo avvio d’inverno ha deluso. Dopo una seconda metà di Novembre sorprendente, a tratti quasi spettacolare, con nevicate diffuse e fiocchi scesi fin sotto le colline, il primo mese dell’inverno meteorologico si è smarrito strada facendo. Atmosfera spenta, dinamiche lente. E la domanda resta lì, sospesa: cambierà qualcosa? E soprattutto, c’è ancora spazio per una vera stagione nevosa sulle Alpi?
Non è solo una questione estetica. Anzi. La neve che manca in montagna pesa, eccome. Bacini vuoti, ghiacciai in sofferenza, un manto che fatica a costruirsi con continuità. Un campanello d’allarme che non andrebbe ignorato.
Il ruolo delle correnti umide atlantiche
A fare la parte del leone, finora, sono state le correnti umide provenienti dall’Oceano Atlantico. Flussi generalmente miti, spesso carichi di umidità ma accompagnati da temperature troppo elevate, soprattutto considerando lo stato attuale delle acque superficiali oceaniche.
Il risultato è quasi scontato. Precipitazioni sì, ma liquide fino a quote medio-alte. Neve confinata oltre i 1500, a volte 2000 metri. In pianura, e ancor più lungo le coste, le possibilità si riducono a episodi rarissimi. Con questo tipo di circolazione, la neve non riesce a scendere. Punto.
Per avere nevicate diffuse, soprattutto in Valle Padana, serve altro. Serve una colata gelida continentale dalla Russia o, in alternativa, un incastro barico fatto a regola d’arte: un minimo profondo posizionato bene, capace di richiamare aria fredda da Est e umidità da Ovest. È quella la configurazione ideale. Non frequente, ma possibile.
Un inverno mite, ma non inutile
Se lo scenario dovesse restare quello di un inverno piovoso e relativamente mite, non tutto sarebbe da buttare. Anzi, guardando oltre la pianura, potrebbe rivelarsi persino prezioso. Un pattern perturbato e insistente garantirebbe infatti accumuli nevosi importanti in alta quota, proprio dove servono di più.
Negli ultimi anni le stagioni fredde sono diventate più brevi e meno incisive. Lunghe fasi anticicloniche, aria stagnante, zero apporti idrici. Ecco perché, paradossalmente, un inverno dinamico e piovoso è spesso preferibile a uno stabile e secco. Il freddo intenso e duraturo, oggi, resta un’eccezione.
C’è poi un aspetto che pesa più di tutti. La neve in montagna non è solo paesaggio. È risorsa. Una riserva idrica fondamentale per l’estate, quando – lo sappiamo già – ci attendono mesi lunghi, caldi e spesso avari di piogge. Arrivare a Giugno con un buon carico nivometrico sarebbe, semplicemente, l’ideale.
E allora sì, il vero jolly di questo inverno non è il gelo a tutti i costi. Sono i flussi umidi occidentali, continui, ben strutturati. Meno spettacolo in pianura, forse. Ma molto più equilibrio per l’intero sistema.
Fonti e crediti scientifici:
Dati e analisi basati su modelli di ECMWF, NOAA – Global Forecast System, ICON, AROME, ARPEGE e sul programma Copernicus.
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