
Sta succedendo qualcosa che, a prima vista, sembra quasi assurdo. Negli Stati Uniti il termometro crolla, la neve imbianca città e campagne, il vento artico corre indisturbato. Dall’altra parte dell’Atlantico, in Europa, invece, sembra quasi di essere catapultati in un’altra stagione, con un clima mite e a tratti addirittura primaverile.
Insomma, due mondi diversi sullo stesso pianeta. Ma perché?
Nord America nella morsa del grande gelo
In Canada e nell’est degli Stati Uniti l’inverno non ha aspettato il calendario. È partito subito forte, senza troppi convenevoli. Masse d’aria artica, spinte verso sud da una fase di forte instabilità del Vortice Polare, hanno innescato discese fredde ripetute, quasi a ondate, con pochissime pause tra una irruzione e l’altra.
Ne sono nate nevicate diffuse, precoci e violente, quelle che di solito ci si aspetterebbe più avanti nella stagione, non già all’inizio di dicembre. Le mappe, come quelle elaborate da WXCHARTS e riadattate dagli analisti, mostrano una colata gelida che affonda con decisione fin sugli Stati Uniti centro-orientali, con accumuli nevosi importanti e temperature sotto media di parecchi gradi.
E non si tratta di un episodio isolato, di un colpo di scena destinato a sgonfiarsi nel giro di poco. I principali modelli meteorologici indicano che questa configurazione è destinata a durare ancora. Il picco dell’ondata fredda viene inquadrato attorno alla metà del mese, intorno al 15 dicembre, quando una nuova e più intensa spinta di aria gelida potrebbe far scendere ulteriormente le temperature, portandole su valori potenzialmente eccezionali rispetto alle medie climatiche del periodo – che, va ricordato, in quelle zone sono già di per sé molto basse.
Europa su una traiettoria completamente diversa
Mentre il Nord America fa i conti con il gelo pieno, l’Europa sembra vivere in un’altra dimensione. Qui il quadro è quasi opposto: clima più mite del normale, atmosfera “addolcita”, sensazione di inverno mancato. Le correnti prevalenti sono di matrice decisamente temperata, in alcuni momenti persino mitissima, tanto da bloccare di fatto l’ingresso delle masse d’aria fredda.
Risultato? Gli episodi invernali veri, quelli con neve diffusa in pianura e gelo intenso, restano ai margini del continente, confinati alle alte latitudini o alle zone di montagna più elevate. Sul resto d’Europa si alternano fasi stabili o solo debolmente perturbate, ma quasi sempre con temperature sopra la media, cieli spesso grigi e, a tratti, una sensazione quasi “fuori stagione”.
Diciamolo: se negli Stati Uniti si parla di inverno duro e puro, in molta parte d’Europa si fatica persino a chiamarlo inverno.
Un confronto impietoso tra le due sponde dell’Atlantico
Basta guardare un parametro chiave per comprendere la portata del contrasto: la temperatura a 850 hPa, cioè quella misurata circa a 1500 metri di quota. A parità di latitudine, tra Nord America e Europa si misurano anche 30°C di differenza. Trenta gradi. Non una sfumatura, ma un abisso termico.
Mentre oltreoceano i valori a 850 hPa crollano su livelli tipici delle ondate di gelo più severe, in Europa la stessa quota si ritrova invasa da isoterme che richiamano la tarda primavera, se non addirittura l’estate in alcuni casi estremi. Emblematico il dato sulle Alpi: lo zero termico potrebbe spingersi fin verso i 4000 metri, un livello che normalmente si associa al mese di maggio avanzato o alla piena estate, non certo al cuore della stagione fredda.
Con un profilo atmosferico di questo tipo, la possibilità che l’Europa venga raggiunta nel breve termine da vere ondate di gelo si allontana. Non è impossibile in assoluto – in meteorologia il “mai” è sempre rischioso – ma la configurazione attuale rende questa eventualità piuttosto remota. Nel frattempo, il Nord America resta immerso in un freddo che va ben al di sotto delle medie del periodo, a sottolineare ancora una volta quanto la distribuzione del gelo sia sbilanciata.
Fenomeno eccezionale o semplice faccia del clima?
Il contrasto marcato tra Stati Uniti ed Europa non è qualcosa di completamente nuovo. È già capitato, in altri inverni, che un continente vivesse condizioni rigidissime mentre l’altro restava in una sorta di “pausa invernale”. Fa parte della dinamica naturale dell’atmosfera, del continuo gioco di equilibri e squilibri del Vortice Polare, delle oscillazioni come AO e NAO che modulano la traiettoria delle masse d’aria.
Quest’anno, però, si sta spingendo l’acceleratore un po’ oltre. Il divario che emerge in questo dicembre appare particolarmente estremo: da un lato il freddo quasi brutale che colpisce gli Stati Uniti, dall’altro la mitezza dilagante che avvolge l’Europa. Le mappe termiche, con l’America in blu intenso e il vecchio continente immerso in un rosso profondo, parlano da sole e finiscono per catturare l’attenzione non solo degli addetti ai lavori, ma anche del grande pubblico.
In pratica, il “meteo pazzo” di questi giorni è l’espressione visibile di un’atmosfera che sta privilegiando una traiettoria precisa: gelo concentrato sul Nord America, caldo anomalo sull’Europa. Quanto durerà questa situazione e se verrà riequilibrata più avanti nella stagione sarà il prossimo capitolo da seguire. Per ora, il mondo resta spaccato in due: lì il gelo, qui quasi primavera.
Fonti dati: ECMWF, NOAA, ICON, AROME, ARPEGE
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