
L’attenzione degli esperti, in questi giorni, torna sul Vortice Polare. Tema noto a molti appassionati di meteo, certo, ma spesso raccontato con toni fuori misura. Eppure la verità è più sfumata: il vortice è debole, sì, e anche piuttosto allungato verso le medie latitudini. Ma parlare di anomalia clamorosa? Non proprio. Proviamo allora a capire cosa significa davvero e, soprattutto, che cosa potrebbe succedere in Italia nelle prossime settimane.
Non si può parlare di collasso
Negli ultimi giorni è rimbalzata un’espressione impegnativa: “collasso del vortice”. Suona bene, fa immagine, ma è imprecisa. Il Vortice Polare resta compatto e ben organizzato nei suoi strati superiori. L’anomalia osservata riguarda piuttosto la posizione del suo asse principale, che non passa più nella zona più tipica della stagione invernale, almeno dal punto di vista statistico.
Ciò che è accaduto, insomma, non è una rottura “in mille pezzi”, bensì un semplice allungamento. In meteorologia si parla di bilobazione, termine che descrive la formazione di due lobi distinti. Qualcuno usa anche la parola split, concetto che molti di voi avranno già incontrato nei nostri approfondimenti. Nulla di inedito, nulla di catastrofico.
La configurazione attuale
Capita spesso, all’inizio dell’inverno, che il Vortice Polare presenti queste estensioni laterali. In configurazioni simili un lobo tende a scendere verso il Canada, mentre sull’Alaska prende forma un robusto campo di alta pressione. È un meccanismo ben noto: questa coppia di elementi crea un corridoio ideale per la discesa di aria molto fredda sul Nord America.
Succede più volte in una stagione. Alcune delle più celebri ondate di gelo statunitensi sono nate proprio da un vortice “stirato”, quasi deformato. L’Europa, in questi casi, resta ai margini. Al massimo può risentire di un flusso atlantico più vivace, con piogge frequenti, perturbazioni insistenti e temperature in media. Un clima che somiglia più all’autunno che all’inverno. Freddo vero? No, non ancora.
Le conseguenze su di noi
Perché un’alterazione del vortice riesca a incidere davvero sul continente europeo servono due condizioni molto chiare. La prima è un indebolimento dinamico autentico, non soltanto geometrico. Il semplice allungamento non basta. La seconda condizione, forse ancora più importante, è la propagazione verso il basso del disturbo, dalla stratosfera alla troposfera, cioè il livello dove si formano i sistemi che guidano il nostro tempo quotidiano.
E al momento? Nessuna delle due condizioni è in atto. Ecco perché sull’Italia non stanno arrivando ondate di gelo, ma semplici perturbazioni con aria abbastanza fresca, mai davvero pungente. Situazione movimentata, certo, ma non estrema.
La novità
Nelle prossime settimane, spiegano gli esperti, il vortice dovrebbe riacquistare un po’ di forza e tornare nella sua collocazione più classica, pur restando piuttosto debole. Dettaglio non da poco: un vortice nato già fragile è più esposto a futuri disturbi e può essere rallentato o deformato con maggiore facilità.
Ma attenzione, perché non è una garanzia di scenari freddi per l’Europa, né tantomeno per l’Italia. Significa, semplicemente, che il pattern europeo è dinamico. Vivace. Nulla che assomigli a un blocco anticiclonico prolungato. Solo una stagione che, almeno per ora, si comporta in modo variabile, con saliscendi e qualche colpo di scena possibile, certo, ma non imminente.
Credit: ECMWF, NOAA, ICON, AROME, ARPEGE
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