Per la terza volta nella storia recente, un oggetto interstellare attraversa il Sistema solare. La cometa 3I/ATLAS sta correndo a circa 60 chilometri al secondo, pronta a sfiorare il Sole e poi a perdersi di nuovo negli spazi tra le stelle. La domanda che elettrizza la comunità è semplice da formulare e complessa da risolvere: possiamo inviare in tempo una sonda a intercettarla da vicino, prima che scompaia?
C’è chi prova a trasformare l’improbabile in possibile. All’Università di Harvard, Avi Loeb ha firmato con collaboratori un’idea audace: riprogrammare Juno, la missione NASA che da anni orbita attorno a Giove, per una manovra “tutto o niente” capace di spingerla verso la traiettoria di 3I/ATLAS. L’architrave del piano è una manovra Oberth gioviana, cioè un’accensione dei motori nel punto più vicino al pianeta per massimizzare il guadagno di velocità. In numeri, servirebbe un ∆V di pochi chilometri al secondo, applicato in una finestra strettissima: l’unico modo per tentare un flyby intorno a metà marzo. Suggestivo, ma non privo di spine.
Gli ingegneri che conoscono bene lo stato della sonda ricordano che Juno è un veicolo anziano. Lanciata nel 2011, ha esteso più volte la propria missione e ha attraversato regioni saturate di radiazione durante i passaggi su Io, una delle lune di Giove. Gli strumenti hanno ancora valore scientifico, ma l’idrazina residua e le incertezze sul sistema propulsivo pesano come pietre, soprattutto se si pretende precisione millimetrica nelle manovre. In parole povere, non basta volerlo: bisogna dimostrare che carburante, software e hardware possano reggere la corsa.
Uno sguardo si è posato anche su JUICE, la missione dell’Agenzia Spaziale Europea (ESA) diretta verso le lune ghiacciate di Giove. Qui l’ostacolo non è la curiosità scientifica, ma la meccanica orbitale. La traiettoria di trasferimento, ottimizzata per un tour di lungo periodo nel sistema gioviano, concede margini minuscoli per grandi variazioni di rotta. Tradotto: JUICE potrà forse osservare 3I/ATLAS da una distanza migliore rispetto alla Terra, ma non ha la flessibilità per puntare il muso e inseguirla.
E allora chi potrebbe provarci davvero? Un’ipotesi intrigante arriva da Marte. Diverse sonde in orbita marziana — dalla Mars Reconnaissance Orbiter alla Mars Odyssey, passando per MAVEN, Trace Gas Orbiter e Mars Express — stanno invecchiando con grazia, ma con carburanti limitati. La chiave è che 3I/ATLAS passerà molto più vicino a Marte che alla Terra: anche solo un sorvolo fotografico da lì potrebbe restituire dettagli impossibili dai telescopi terrestri. Gli studi dinamici mostrano che finestre di partenza da Marte richiedono ∆V più modesti rispetto a lanci “improvvisati” dalla Terra, rendendo l’idea più realistica dal punto di vista propulsivo. Il nodo è capire se, tra budget di missione, salute dei veicoli e priorità operative, esista la combustibile e la volontà per un tentativo dell’ultimo minuto.
Sul medio termine, le speranze più solide hanno un nome preciso: Comet Interceptor. La missione ESA, con lancio previsto nel 2029, “parcheggerà” a L2 Sole–Terra, pronta a scattare verso il primo oggetto di passaggio adatto, che sia una cometa vergine delle Periferie del Sistema solare o un nuovo ospite interstellare. È una filosofia diversa: non si insegue l’evento quando accade, si prepara una piattaforma leggera e reattiva, con un carico minimo ma mirato e tanta riserva di propellente, capace di accelerare e fotografare la preda senza preavviso. Per oggetti rapidi come 3I/ATLAS, ammettono gli scienziati coinvolti, servirà comunque “un po’ più di spinta” rispetto alla configurazione base. Ma l’impostazione è quella giusta.
C’è anche chi immagina una costellazione di nano–sonde collocate, mese dopo mese, su ampie orbite eliocentriche. Il risultato sarebbe una ghirlanda di piccole sentinelle distribuite attorno all’orbita terrestre: ogni tanto una tornerebbe nei pressi della Terra, pronta a sfruttare una fionda gravitazionale e a lanciarsi su un bersaglio inaspettato. Non un singolo colpo di fortuna, ma una strategia per aumentare le probabilità di incontro.
Mentre i dinamici tirano giù epemeridi e ∆V, i telescopi fanno la loro parte. Il Legacy Survey of Space and Time dell’Osservatorio Vera Rubin promette allerta più precoci e un censimento migliore degli infiltrati interstellari. Anche poche settimane in più prima del perielio possono significare la differenza tra un piano fattibile e un’occasione mancata. In un ecosistema spaziale affollato di missioni già in volo, la tempestività è la risorsa più scarsa.
Nel frattempo, il dibattito resta acceso. Le ipotesi provocatorie sull’eventuale natura artificiale di 3I/ATLAS hanno avuto ampia risonanza, ma la maggioranza degli astronomi continua a considerarlo un corpo naturale con comportamento cometario. La vera discriminante, come sempre, sono i dati in-situ: uno scatto ravvicinato, una spettroscopia a pochi centinaia di chilometri, qualche misurazione del ghiaccio e della polvere — il genere di evidenze che solo un flyby può consegnare.
In sintesi, l’idea di reindirizzare Juno, sondare da Marte o affidarsi a Comet Interceptor disegna tre strade diverse verso lo stesso obiettivo: trasformare una visita lampo in scienza irripetibile. Il tempo, però, corre veloce quanto 3I/ATLAS.
Fonti:
ESA – Comet Interceptor factsheet
Loeb, Hibberd, Crowl – Intercepting 3I/ATLAS at Closest Approach to Jupiter with the Juno spacecraft (arXiv)
Yaginuma et al. – The Feasibility of a Spacecraft Flyby with the Third Interstellar Object 3I/ATLAS (arXiv)
Michigan State University – First scientific paper on 3I/ATLAS interstellar object
Universe Today – NASA’s Juno spacecraft could intercept 3I/ATLAS
ScienceAlert – NASA probe could intercept interstellar comet, scientists say
Live Science – Controversial paper questions whether 3I/ATLAS is alien tech
Comet Interceptor mission site – University of Bern
L’articolo Si può davvero intercettare l’oggetto interstellare 3I/ATLAS? proviene da DIRETTA METEO.