Un fulmine vicino al Polo Nord. Fino a pochi anni fa sarebbe sembrata una visione surreale, e invece è successo davvero: nell’Agosto 2019, una serie di scariche elettriche a meno di 50 chilometri dal Polo ha sconvolto la comunità scientifica, aprendo un nuovo capitolo nella storia del meteo artico.
Meteo e fulmini nell’Artico: l’eccezionale episodio del 2019
In un ambiente dove la stabilità atmosferica domina sovrana, e dove il gelo è sovrano, l’estate del 2019 ha portato qualcosa di assolutamente inedito. La presenza di aria calda e umida, trasportata fin oltre l’Ottantacinquesimo parallelo, ha creato condizioni perfette per temporali elevati, fenomeni fino ad allora ritenuti improbabili a tali latitudini.
Grazie ai dati ERA5 e alle osservazioni dei satelliti dotati di sensori avanzati come VIIRS, gli scienziati hanno tracciato il profilo di questo evento, scoprendo l’importanza decisiva di fronti meteorologici dinamici e moti verticali intensi, capaci di sollevare masse d’aria oltre lo strato di fusione.
Come il meteo ha scatenato fulmini sopra il ghiaccio del Polo Nord
Il riscaldamento artico ha svolto un ruolo da protagonista. Durante Agosto 2019, una potente corrente a getto in quota, a circa 850 hPa (pari a 1500 metri di altitudine), ha incanalato aria tropicale umida fino alle zone più estreme dell’emisfero boreale.
La convergenza tra aria calda e aria artica fredda ha generato un fronte meteorologico vivace, capace di innescare convezione anche sopra la superficie ghiacciata, senza che l’atmosfera toccasse il suolo, formando così i cosiddetti temporali elevati.
Le immagini satellitari hanno immortalato nubi a forte sviluppo verticale, caratteristiche dei cumulonembi, con sommità che hanno raggiunto temperature inferiori a -20°C, condizioni ideali per la creazione di cristalli di ghiaccio e, di conseguenza, di elettricità atmosferica.
Il record dei fulmini più settentrionali mai osservati
Il 2 Agosto 2019, il primo fulmine è stato registrato a soli 48 chilometri dal Polo Nord geografico, segnando il nuovo primato assoluto di scarica elettrica più settentrionale della storia.
Le rilevazioni del sistema GLD360 di Vaisala hanno confermato che le scariche, prevalentemente positive, si sono susseguite per oltre 30 minuti, a testimonianza di una persistenza convettiva davvero fuori dal comune per quell’area.
I dati satellitari hanno inoltre rivelato la presenza di strutture nuvolose capaci di generare forti moti verticali, con picchi di velocità ascensionale superiori a 1,5 m/s.
Il meteo estremo e il futuro dell’Artico: uno scenario in evoluzione
Questo evento non può più essere visto come un’eccezione. I dati di NOAA e NSIDC indicano che il Polo Nord si sta riscaldando al doppio della velocità rispetto al resto del globo. Questo fenomeno, chiamato amplificazione artica, sta già influenzando il comportamento del jet stream, rendendolo più sinuoso e favorendo l’intrusione di masse d’aria calda e umida anche nelle zone polari.
Gli scenari futuri elaborati con i modelli CMIP6 suggeriscono che la frequenza di giornate con valori di CAPE superiori a 100 J/kg potrebbe raddoppiare entro il 2050, aumentando la possibilità di temporali in una regione che fino a poco tempo fa conosceva solo il gelo e il silenzio.
Analisi dettagliata con ERA5: la nuova frontiera del meteo artico
Utilizzando la rianalisi ERA5, sviluppata dal Copernicus Climate Change Service in collaborazione con ECMWF, è stato possibile analizzare nel dettaglio la dinamica di questo fenomeno estremo.
Dal 30 Luglio 2019, una potente corrente a getto di bassa quota ha veicolato aria eccezionalmente calda dal Nord Atlantico e dalla Siberia occidentale. I venti a 850 hPa hanno toccato i 25 m/s, mentre i valori di umidità atmosferica (precipitable water) hanno registrato anomalie superiori a +2 deviazioni standard.
Questa situazione ha favorito una convergenza baroclina intensa tra 85°N e 89°N, predisponendo l’atmosfera a fenomeni di instabilità, nonostante la presenza di uno strato di inversione termica alla superficie.
Sollevamento atmosferico e genesi dei temporali elevati
Le mappe di temperatura potenziale equivalente (θe) e vorticità potenziale equivalente (EPV) hanno evidenziato un fronte quasi-stazionario tra 86°N e 89°N, agendo come un vero e proprio trampolino di lancio per l’aria calda, che ha superato agevolmente il livello di fusione.
In quota, a 300 hPa, la divergenza ha ulteriormente favorito il sollevamento, innescando temporali elevati con basi nuvolose oltre i 2.500 metri e sommità glaciali.
La microfisica delle nubi: l’arte segreta del meteo estremo
Le condizioni microfisiche osservate sono compatibili con una intensa separazione di carica nei cumulonembi: la presenza simultanea di cristalli di ghiaccio, gocce sopraffuse e graupel ha reso possibile la formazione di scariche elettriche, prevalentemente positive, come tipico nei fenomeni convettivi sopraffusi.
Un cambiamento epocale per il meteo dell’Artico
Quanto accaduto nell’estate 2019 rappresenta un cambio di paradigma: il meteo artico non è più sinonimo di calma glaciale, ma potrebbe trasformarsi, nei decenni futuri, in un laboratorio di eventi estremi, con impatti su navigazione, climatologia e geopolitica globale.
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